N. 33
24/06/2013
A un mese
esatto dalla partita che ha salvato Roma un grazie di cuore a tutti quelli che
, senza scriverlo su una sciarpetta, possono dire io c’ero, punto e basta. Agli
altri, ai romatristi, che ne hanno fatta una in anticipo, dove appunto c’era
scritto io c’ero un consiglio, non buttatela, d’inverno può sempre essere utile,
magari aggiungendo per correttezza: “Io c’ero…..rimasto tanto male”, per sempre.
L’orda dei barbari finti stellati è stata sconfitta a ‘e porte da città,
i muri, l’antichi monumenti, er Tevere possono finarmente
respirà,
Nissun barbaro gallo cedrone o solo marsicano li
potrà pittà
co’ quei colori orendi che scimmiotteno ‘a
romanità.
Nun so’ er rosso porpora e er giallo ocra come da
tradizione
a esse i colori de ‘sta ridicola armata brancaleone,
ma er rosso vergogna e er giallo itterizia,
che ben rappresentano ‘a loro vita vissuta ‘n grande
mestizia.
Comunque è ita come doveva annà
e i romatristi in rotta so’ iti via da qua.
So’ tornati a casa loro co’ ‘a coda tra ‘e gambe
ne’ grigie valli dove abiteno capanne brutte e sghembe.
Roma ar contrario, già all’arba der ventisette
sembrava avesse vinto solo n’a partita de tressette.
Nissun barbaro l’aveva violentata
e chi l’amava l’aveva co’ tanto amore accarezzata.
Decimo
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