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14/09/14
Ne ero sicuro, ci avrei messo la mano sul fuoco.
Convintissimo che il direttivo di coloro che si arrogano il diritto di pensare
per tutta la curva nord, avrebbe deciso di tornare allo stadio. Loro non hanno
mai smesso di pensarlo. Non potevano abbandonare un affare redditizio. Pensate.
Ora che Lotito è inviso a molti, se la Lotitiana dovesse raggiungere un qualche
risultato, saranno in tanti a comprare una maglietta da loro, piuttosto che comprarla
nei negozi ufficiali. Potevano farsi sfuggire l’affare? Nel frattempo la Tevere
esorta tutti ad andare alla stadio con la maglietta celeste.
Tutto questo mi dice che i veri laziali, non hanno
più nulla da spartire con questa società e con questi tifosi. Eravamo ad un
passo dal fare della storia stupenda che ha visto nascere la Società podistica
Lazio, una storia cento volte più bella. Non capita tutti i giorni che i tifosi
si mettano in movimento contro il drago che ha fatto prigioniero il loro amore.
Avevamo due possibilità, entrambe grandiose. Lottare perché il drago se ne
andasse, sconfitto, con le buone ovviamente, e c’erano mille forme di pressione
perché si potesse raggiungere questo risultato. Uscire dallo stadio e non
abbinare questa forma di protesta ad altre, lasciarci volutamente a casa, è stato quanto di più complice, subdolo, si
potesse fare. Come lo stancare il proprio esercito prima della battaglia finale.
L’altra possibilità era via dalla società occupata
dal drago, per fondarne una ancor più nostra, per fare ancor più grande una
storia già grande. Uscire dalla Lazio per far comprendere che nessuna cosa può
essere fatta impunemente contro una squadra, i suoi tifosi, la sua storia. Ma
forse qualcuno paventava che con la nuova squadra si potessero vendere poche
magliette o addirittura essere impediti a farlo del tutto.
Avevamo la possibilità di dare onore ad una storia
già di per suo la più bella. Gli dei
anche stavolta erano stato benigni con noi, come lo sono da migliaia di anni con
il sogno Olimpico Universale che
affratella i popoli. Diedero a nove ragazzi di Roma l’idea, la scintilla, per
un sogno bello come il cielo, poi si distrassero un po’, e poco per volta i
giallo itterizia e i rosso vergogna presero il sopravvento, non solo, peggio,
incominciarono a sporcare con le loro stesse idee, le idee della Lazio delle
origini. I romei di faccetta nera, quelli che fondarono la Romea, trovarono
poca resistenza alla loro voglia di snaturare le idee, la storia, il sogno
della Lazio, e farlo diventare una macchietta sulla romanità con i dementi a
misurarla con il centimetro. Per cui quell’epico sogno dell’ olimpiadi, ripreso
dai nostri padri, divenne quasi un sovra più. L’importante per questi romei
pittati solo de blu era chi avesse portato per primo il calcio a Roma, a fare a
gara a chi fosse più romano, a chi era nato prima, come se fosse stata questa
la molla che mosse i nostri padri. Per questi l’aquila il simbolo di Roma
antica divenne più importante delle idee che ci videro nascere e il razzismo dei molti romei che fondarono la
Romea si infiltrò nei nostri cuori. Se possibile, e sapete che è impossibile, questi
sono peggio dei Romei originali.
Da laziale non posso sopportare tutto ciò, per
questo non sarò mai con gli ignobili che con la loro bella rapita dal drago decidono
di convivere con il mostro nel suo stesso castello, per vendere 30 magliette in
più, che poi magliette, per vendere 30 pigiami sarebbe meglio.