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19 dicembre 2012

(1) 'NA SQUADRA CO' I COLORI DER CIELO

 N. 1

10/12/2006

Questa è 'na storia incredibile, nata ner  gennaio der millenovecento, pe' volontà de nove regazzi che  dentro 'n'epoca in cui er becero nazionalismo, la retorica de la patria, avrebbe scatenato da lì a poco guere co' mijoni de morti, s'enventeno 'na società, 'na nova squadra, che se richiami a la prima olimpiade moderna e je fanno pijà puro 'i colori der paese che l'ha ospitata. E così i colori der bianco e de l'azuro, i colori der cielo, de la Grecia e de l'omini liberi, diventeno i colori de la Lazio, che questo è er nome scerto pe' la squadra. Decisamente nun je piaceveno 'e cose scontate e un po' banali, er so' de Roma e so' da  roma, che oggi sempre esse tanto de moda, soprattutto tra li buri forastieri, detti puro li romei, li pellegrini ch'hanno fonnato la romea


Ma annamo co' ordine. Passeno l'anni e nimmanco a fallo apposta “er regime de cartone fatto co' a' cartapesta” decide che è arivato er momento de fonnà 'a granne  roma. Ar progetto, avenno lo stadio, doveva partecipà puro 'a Lazio, che invece ar gerarca fascista Italo Foschi je rispose, co' la voce der suo presidente, er generale Vaccaro, che ‘a fusione se poteva puro fà, bastava tenè er nome Lazio. Ar che l'omo nero rispose picche e nacque a romea e restò a Lazio. Da quer momento, cò la coerenza che je core appresso a stò popolo de imbecilli, nove ragazzi de Roma so diventati burini e er primo presidente de li finti capitolini,  er gerarca, fascista e abbruzzese, corropolese buro e puro, Italo er fosco fonnò appunto la romea, la squadra dè li lupi, lupi sì….. ma  marsicani!

     In questo brano c'è la storia della Lazio,  la nostra storia, il nostro carattere, e il perchè del carattere degli altri. Di questo nostro essere figli di una storia stupenda iniziata all'alba del novecento, nella città che ha fatto gran parte della storia del mondo e che, scusate se è poco, la leggenda dice essere stata fondata da un certo Romolo, laziale doc, ovviamente.

La poesia: 
                                           
                  A Foro,       che dè stò silenzio n’antro pareggio?

                  A Colossè,    co’ quell’aria svampita, così pieno de buchi,
                  ancora n’l’hai capito? Avemo vinto!
                  Quante ne avemo viste, sentite e fatte:
                   Romolo e Remo, l’Orazi e li Curiazi,
                   'a Repubblica, l’Annibale a le porte, Mario e Silla
                   l’Impero …….quello vero,
                   i barbari, 'a caduta, i papi, er sacco de Roma,
                   pe' annà a finì all’impero de cartone fatto cò 'a cartapesta.
                   Che voi che sia ‘na partita de pallone
                   Pe' chi tante battaje ha vinto e tante perso.

A Colossè  stanotte hanno vinto i fiji nostri, quelli veri.
                  Stasera hanno vinto quelli nobili dentro,
                   Quelli che sanno dà a ‘na partita de carcio er giusto peso,
                   dù corpi de clacson  pè salutà n’amico e niente de più.

A Foro        ma potemo sopportà che pè l’artri ‘gni momento è bono pè fa casino?

A Colossè   l’artri,….. come tu li chiami,  so’ plebe, so' liberti, so' mezzi schiavi.
                   E’ popolo co’  cui er destino è stato avaro,
                   forse è pe’ questo che je piace  de fa caciara,
                   unica soddisfazione de ‘na vita troppo amara.
                   Anche se poi stanne certo,  staranno in silenzio e manzi…..
                   armeno pè stasera.

A Colossè  annamo a dormì contenti e lasciali rosicà da soli………….
                   e coprite cò tutti quei buchi………che piji freddo.

                                                     
                                                                Decimo