N.24
30/05/13
Sabato 25 maggio, a poco più di 24 ore dal
derby, mercato di piazza Vittorio. Santino propiziatorio di un fruttarolo romatriste
in omaggio ar capppitttano.
Lo avevo
detto, era un derby da storie da Lazio, da affrontare con l’handicap, con le
mani legate dietro la schiena per tutta una serie di problemi creatici dalla
nostra dirigenza, ma sentivo, e lo scrivevo nel post precedente, che anche
stavolta i segnali erano a nostro favore. Se avessimo vinto noi avrei
ringraziato coloro, tutti romanisti, che
hanno permesso che Claudio Lotito diventasse presidente della Lazio. Lo ho fatto
da laziale, in silenzio, con il cuore allegro, con una faccia che avreste
dovuto solo vedere, da quanto era perfida. Scusate ma in questo post me va’ de
scrive in dialetto, anche se non stretto. Quante vorte i peperones, pe’ rigirà
er cortello nella piaga e piacce in giro ce riccontavano la storia der Lotito romanista. Come detto artre vorte, se
fosse vero, era da “storie da Lazio”, ma mo’ lo rigiro io er cortello, avete
perso er derby che ve fa sta’ zitti
pe’tutta ‘na vita, proprio con un “romanista” ar comando dell’odiata, voi che a
comannavve c’avete er forte e potente dollaro americano, e che riscoprite
dirigenti biancelestiali dappertutto.? Nun riuscite a vince neanche quanno
l’avversari ch’hanno l’handicap, le mani legate? Che gioia! Ma vedè Lotito,
detto Claudio, che solleva la coppa puro se me fa n’effetto strano, da laziale
me deve fa pensà. Incapace come romanista de tenè la Lazio sotto botta, come
programmato oppure romanista pentito che se trasforma un po’ in laziale? O solo
un laziale co’ tanto peperonismo dentro.
Resta er fatto che se er sor Claudio comprennesse la montagna de sordi su cui
‘sta seduto, co’ la storia della Lazio, diventerebbe un grande eroe, anche se
pe’ caso. Ne riparle…remo se Romolo è d’accordo.
Ma
tornamo ar derby. Questi pe’ me so’ stati giorni de silenzio e de gioia. De silenzio
perché quanno hai vinto contro tutto e tutti, da laziale, voi sta’ da solo in
cima a ‘na montagna a godette la vittoria. De gioia che vo’ dico a fa. Pe’ strada
m’avranno preso pe’ matto mentre so’ sbottato a ride sentenno pe’ radio un
ragazzo dì: “nun sanno quanno so’ nati, ma sanno quanno so’ morti”. Devo
ringrazia Guidone co’ qua frase, da laziale, che “quanno vince la Lazio, Roma è
accarezzata e quanno vince la Romea è, ar contrario, violentata”. Devo
ringrazià le poche mijaja de Lazio Siena (ar bijetto je farò un quadro) e le parate de
Carizo, er pararigori e non solo. Devo ringrazià Ciani cor gol a tempo quasi scaduto,
ar 95°. E visto che ce stamo grazie all’arbitro pe nun avè fischiato prima. E
dovemo puro ringrazià Floccari che segna contra a Juve ar 93° e li juventini
Giovinco e Marchisio che ce grazieno de brutto. Se questi nun so’ segni der
destino…..
E mò
comincio a ringrazià loro, a comincià dar Mezzaromea. Quer giorno er Siena der
romanista Mezzaromea c’ha dominato in lungo e in largo ma non nun è riuscito a
dacce la mazzata. Sta
coppa alla Lazio, caro Mezzaromea è, un po’ merito der Siena tuo, grazie de
core. E nun esse così abbacchiato cor Siena in serie B e la romea tua morta sur
campo, pensa alla Salernitana. E poi devo ringrazia l’as romea tutta. Avevate
preso schiaffi già ar derby d’annata, co’ Zeman ancora ar comanno, e cò li
segni premonitori der cielo, cò li dei d’olimpo benevoli co’ noi laziali, voi gladiatori der nulla, ciechi, sordi e
tignosi, pe’ core appresso all’invenzione della stella d’argento, sete annati verso
l’orendo destino che da soli ve stavate a acchittà. Senza de voi pe’ noi
sarebbe a sesta coppa Italia, gnente de più. È grazie solo a voi, che sapevate
chi v’aspettava in finale, se ‘sto derby è stato er derby degli dei, perché chi
vinceva, vinceva tutto e chi perdeva perdeva tutto. Era er derby pe’ la vita e
pe’ la morte e voi sete morti, de vergogna, pe’ sempre. La nostra gloria era
solo co’ voi e c’avete puro cercato!
Ma de
segni premonitori li laziali più antennati ce ne avevano avuti tanti, a
sfascio. Li peperones s’erano già appuntati la stella sul petto e avevano fatto
cose inenarrabili, come er santino der fruttarolo. Che vi devo dire, non hanno
il senso della misura.
Anni fa
stavo da un amico macellaio e vedendo alla parete un medaglione esclamo: “ma
che cazzo c’hai attaccato!”. Era un medaglione di rame con su scritto campioni
d’Europa! Si perché questi, de fronte
all’occasione unica de fa’ ‘na finale de coppa dei campioni a Roma, davamo già pe’ scontato d’avella vinta, oggi
come ieri. E mo’ l’artra occasione unica de ‘a coppa de ‘o stellone, che nun je pareva
vero, e l’avevano già fatta loro, puro questa. E allora via! tutta la famija
allo stadio, tutta pittata de rosso vergogna e giallo itterizia, co’ le paco
rabanne, porelle, incartate co’ quei colori che ferischeno l’occhi, convinte da
papi che papà passava appunto n’attimo dar sarto a fasse cucì ‘a stella
d’argento su ‘a maglia, e poi tutti a fa’ festa, pe mesi, anni, pe’ sempre. E
la “stella d’argento che brilla lassù” ja dato ‘sta scoppola che non se
scorderanno più..
decimo
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