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06 dicembre 2013

(56) IL RAZZISMO, LA UEFA E I FATTI DI VARSAVIA.

(56)
 
05/12/13

 

     Chi mi segue, chi conosce la storia della nascita della Società Podistica Lazio, sa che il razzismo nulla centra con la nostra società. Ma da laziale, da chi fotografa la realtà che lo circonda per quello che è, è innegabile che ci siano tifosi sedicenti laziali che hanno comportamenti razzisti. Contro di questi la Uefa ha preso, a più riprese, provvedimenti che sono andati dalla sola chiusura della curva Nord al far disputare alla Lazio due partite a porte chiuse. Per colpa di qualche centinaio di tifosi, peraltro facilmente identificabili dalle autorità preposte, si è fatto pagare pesantemente il tutto ad una tifoseria che in gran parte non è razzista e facendo peraltro un danno enorme alla società Lazio  che senza arbitraggi scandalosi (di certo non casuali) ed altro avrebbe potuto addirittura accedere alla finale di coppa.

 

     Evidentemente sul razzismo la Uefa è convinta sia giusto colpire 30.000 innocenti per educare trecento colpevoli. A mio parere un criterio sciagurato ma pur sempre un criterio. Allora vorrei fare delle domande alla Uefa, anche se so bene che quanto scrivo non arriverà mai alle orecchie di chi governa il calcio europeo. Una società in cui un’infima parte dei tifosi canta slogan razzisti, fischiati peraltro dalla maggioranza dei tifosi è ritenuta oggettivamente responsabile di quanto avvenuto sugli spalti, e per questo squalificata, bene, nel senso che è un criterio mostruoso ma è un criterio.

 

    E come definire la vera caccia all’uomo preventiva fatta a tutti coloro che erano italiani praticata dalla polizia polacca, con perfino turisti toscani portati in commissariato solo perché italiani appunto, senza che la stragrande maggioranza degli arrestati avessero fatto nulla se non il grave reato di essere italiani e tifosi della Lazio. Qui non è stata una sparuta minoranza di tifosi ad essere razzisti ma la polizia di stato di un paese che si vorrebbe democratico. La domanda che vi pongo è la seguente: si possono organizzare ancora incontri internazionali in un paese che arresta, processa e multa solo perché si cantano canzoni della squadra di cui si è tifosi nel pomeriggio che precede la partita? Processare penalmente qualcuno per “rumore, schiamazzo e ostacoli all’uso del marciapiede  da parte di altri pedoni” e condannarlo in pratica senza avvocato solo perché  è tifoso laziale è forse un inno alla pacificazione tra i popoli? Portare in commissariato tifosi che ti hanno contattato per essere scortati allo stadio, stante le provocazioni mai represse di alcuni tifosi del Legia Varsavia, vorrei sapere cosa sia per i nostri dirigenti Uefa. Una conferma all’ultimo episodio che racconto è stata a noi raccontata dal dirigente Igli Tare, un vostro iscritto, e sono sicuro che voi stessi ne siete venuti a conoscenza.

 

     Ma visto che non sono stati presi provvedimenti contro un paese che permette queste cose  debbo pensare che per la nostra Uefa il razzismo si ha solo quando è praticato da poche decine di tifosi, quando è  invece praticato da un organo dello stato di un paese membro è prevenzione contro “delinquenti” colpevoli unicamente di aver fatto il reato più grave e più comune  per ogni questurino autoritario che si rispetti (in ogni paese del mondo, che permetta l’esistenza di questi comportamenti). Il reato di non aver commesso il reato.

 

     Questo non toglie che chi ha realmente commesso dei reati debba essere condannato, ma ho la sensazione che se qualcuno ha compiuto qualche infrazione ciò sia stato soprattutto un “fallo di reazione” a comportamenti vergognosi di chi avrebbe dovuto difendere non solo l’ordine pubblico ma i diritti dei cittadini e al contrario quei diritti li ha calpestati.

 

                                                                    Decimo

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