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01 giugno 2023

L'ABBACCHIO ALLUPETTATO, ANTICA RICETTA ROMANA

Dedicato a Claudietto, che nel '99 andava in giro con la maglietta del Milan, visto a Budapest certo che la sua Romea avrebbe vinto la Coppa. Budapest che loro conoscono bene avendo portato la Sveja Maxima a Roma, 8 a 0 in coppa contro il Ferencvaros il 22 giugno 1935.. Sapete che faccia avesse ieri dopo la cura sivigliana? Ve la immaginate eh...

Dunque  parlavo di questa famosa ricetta romana, l'abbacchio allupettato, che ha bisogno di una lunga preparazione ma con cui fai sempre alla fine la tua bella figura.  Devi marinare i favori arbitrali Uefa nei gironi  di Europa League dove devi passare il turno, tra l'altro, con una clamorosa rapina ai danni del Ludogorets, gol buono annullato primo rigore inesistente... Poi da Longobarda devi arrivare in semifinale e, unica nella storia del calcio mondiale, non fare nemmeno un tiro in porta, solo un grande pullman messo davanti alle porta. Attenzione, togliere le gomme, non sono facilmente digeribili. 

Poi si arriva alla preparazione, non è molto consigliata ai deboli di cuore ma se si sopravvive è cibo per gli dei. Devono segnare i romei per primi, con un gol da un fallo a centrocampo non sanzionato,  e un palo a fine primo tempo per il Siviglia, giusto per farli illudere che la fortuna sia dalla loro parte. Poi le prime nubi con l'autogol di Mancini. La palla che sembra entrare con Belotti... ma poi la traversa a dire che probabilmente le culò (francesismo) è finito. 

Il seguito è di rigore. Giusto che a decidere sia Mancini e che la imPALLI Ibanez, poi i classici  120 minuti di forno come da rigore e oplà, l'abbacchio allupettato è pronto in tavola, da chef Decimo,  e assaggia...

L’abbacchio allupettato
 
Questa è a storia de Romeo*,
abbacchio allupettato, pellegrino d’artri tempi,
che dopo esse nato in uno de quei sperduti  campi,
venuto a Roma incontra ‘na lupa bona e de città
che mai e poi mai s’o volle magnà.
 
Passò tanto de quer tempo co’ quell’anima bona
che se convinse, visto che stava a Roma,
d’esse un lupacchiotto co’ tutti l’attributi,
co’ i canini come zanne puntuti.
 
E divenne cosi prepotente, coatto de città,
che co’ tutti l’altri voleva sempre  litigà.
Un giorno, passeggiando in aperta campagna
incontrò ‘na lupa e ‘n’aquila de montagna.
 
I due co’ ‘na fame, che v’o dico a fa,
cercaveno quarcosa bono da magnà.
L’abbacchiotto quanno li vide arivà da lontano
sur ponte se mise sghembo, pe’ nun fa passà nissuno.
 
“Come è vero che so un lupo qui nun se passa
e se insistete de voi due ne faccio ‘n’unica carcassa”.
L’aquila che su n’arbero s’era assisa con fare reale
diede no sguardo ar lupo vero che sbavava gnente male.
 
Fu cosi che l’abbacchio prepotente e allupettato,
quello che voleva comannà su tutto er vicinato,
er villico che l’artro tacciava d’esse burino
fini  a scottadito e mannato giù  solo co’ ‘n po’ de vino.
 
Questo è ‘a fine che a Roma fanno quelli là
gente de campagna che vorrebbe comannà,
che de Romolo e Remo se sentono l’eredi universali
e so’ solo villici de campagna scontati e puro un po’ banali.
 
Er SOMMO VATER
 
FORZA LAZIO SEMPRE
DECIMO  

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