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02 luglio 2013

(35) ESSER LAZIALI NON SARA’ MAI ESSER SOLO ANTIROMANISTI, E’ MOLTO DI PIU’. ESSERE LAZIALI E’ UNO MODO DI VIVERE, E’ UNO STATO DELL’ANIMA.

(35)
1 luglio 2013



 

  La Società Podistica Lazio nacque per volontà di nove ragazzi di Roma che per poter correre gare podistiche, sport che amavano, si sarebbero dovuti iscrivere obbligatoriamente ad una società sportiva e loro, ragazzi del fare, capitanati da Luigi Bigiarelli, decisero che avrebbero corso per una società da loro fondata. Così nacque la Lazio, la Società Podistica Lazio. I nove decisero di fondarla richiamandosi agli ideali de coubertiniani della prima olimpiade moderna che si era svolta solo 4 anni prima. I giochi olimpici si svolgevano nell’antichità ad Olimpia in onore di Zeus, e nei giorni in cui si gareggiava si sospendevano anche le guerre (tregua olimpica). Tutti gli uomini liberi potevano partecipare alle gare al di là del loro credo religioso e del loro censo. Con il termine di Olimpiade si intese rappresentare la distanza di quattro anni tra due giochi olimpici.  

     La nascita della Olimpiade moderna, voluta  come detto dal barone Pierre de Coubertin esaltò ancora di più lo spirito di fratellanza e di sportività universale.  Resta famoso il detto :”L’importante  è partecipare, non vincere”. I nove ragazzi decisero, con la creazione della loro società, di andare straordinariamente controcorrente. In un’epoca di nazionalismo “patologico”, dove milioni di persone con gli stessi ideali, con gli stessi interessi, con la stessa religione, si trovarono a invocare Dio, Patria, e Famiglia, per uccidere persone che la pensavano come loro ma che parlavano soltanto una lingua diversa, per la gioia del mercante di cannoni di turno, per andare poi a morire, con la prima guerra mondiale, per conquistare e perdere 30 metri di trincea, ogni giorno, per 5 lunghi anni, loro, quei nove ragazzi, fecero altro. Decisero appunto, all’alba di quei tempi bui, di richiamarsi al contrario agli ideali sovranazionali e universali delle olimpiadi, a quegli ideali che affratellano i popoli, e di prendere come colori sociali i colori del bianco e del celeste che erano i colori della Grecia (orrore per ogni nazionalista), nazione dove i giochi olimpici erano nati  nel 776 a.c., e tornati in auge con la prima olimpiade moderna del 1896.

     Per inciso, e cosa di non poco conto, il bianco e il celeste sono anche i colori del cielo e degli uomini liberi, quelli uomini che riescono a pensare, sognare, agire, oltre il limitato orizzonte in cui si rinchiudono da soli gli altri, gli uomini delle tnebre. La massa informe che non riesce ad andare oltre il ridicolo e ristretto panorama offerto dal proprio naso. Quelli senza sogno e senza pensiero che non riescono ad essere altra cosa dalla squadra della “parrocchietta” che li rappresenta mentre ripetono beonamente il loro stupido mantra: “ Il mi su de Milan e so’ del Milan” a cui fa il verso l’altrettanto ridicolo e limitato “Io so’ de Roma (così chiamano tra di loro Corropoli) e so’ da roma”.

     Questo è ciò che ci accomuna ai nostri padri. Ma ho la sensazione che qualcuno travisi questa storia. Se la si stravolge, anche in particolari apparentemente insignificanti, si corre il rischio che ogni singolo tassello di questo stupendo puzzle non vada al proprio posto e non risplenda di quell’amore, di quella luce che la storia della Società Podistica Lazio si merita.   

     Andare sulla tomba del nostro fondatore per omaggiarlo con la coppa di Maggio, vinta nel derby dei derby, è bellissimo, ma dichiararlo il fondatore della ss. Lazio è a mio parere sbagliato, e non di poco. Lui ha fondato la Società Podistica Lazio, con tutto quel che ne consegue a cascata sugli ideali che la videro nascere. Altra cosina. Ognuno nella sua vita è un’insieme di cose, anche apparentemente contraddittorie. Ma spesso uno migliora, cambia, anche per le esperienze vissute. Considerando che Bigiarelli non volle mai essere presidente della Società podistica Lazio, per aver in quegli inizi del 1900 considerato la nuova società una società di liberi e di uguali, una foto che lo ritraesse da civile e non come militare, con tutto quel che è insito, gerarchicamente parlando in una uniforme, no?





 

   Oltretutto scusate, ritornando a cosa fu fondato da Luigi Bigiarelli e altri 8 ragazzi, chi avrebbe il coraggio di dire che Romolo fu il fondatore dell’impero romano, solo perché a noi piace ricordare quel particolare, glorioso periodo della storia di Roma? La leggenda dice che il laziale Romolo, con il fratello gemello Remo, fondò Roma,  ed è  la loro grandezza, punto. L’impero  venne più tardi, 726 anni dopo.

     Purtroppo vedo gente tifosa della squadra di calcio ss. Lazio, e non laziali “dentro”, che hanno comportamenti in tutto o in parte uguali a quello dei loro cuginetti romanisti. Io sono laziale e non ho né mi sento cugino di nessuno, a maggior ragione di coloro che Roma accolse da pellegrini, da romei, nel 1927 e che,  con la faccia tosta che li connota  da sempre, non conoscendo la storia, ogni tipo di storia, pensarono di  farsi romani, accusando da quel momento i romani della Lazio di essere burini, e riuscendo solo ad essere quegli esseri boriosi e tristi, fanfaroni e casinari, che noi conosciamo. Per questo gradirei che anche ai massimi livelli societari ci si ricordi della Società Podistica Lazio e degli ideali che l’hanno vista nascere. C’è sempre tempo per parlare di calcio, di 4-3-2-1 o di 4-3-3 o di un due tre e tutti giù per terra, ma ogni momento è buono, deve essere buono, per ricordare i nostri ideali di vita e di sport che, in una ricerca parossistica di motivazioni  antiromaniste, non possono né devono essere dimenticati, nè snaturati, per non veder stravolto il nostro stesso essere laziali.

    Noi abbiamo portato il calcio a Roma? E questo deve essere l’unico motivo del nostro vanto? Io da laziale, e quindi l’antitesi del tifoso passionale e culo mollo, che si fa bello del sudore e delle fatiche degli altri, dico che il merito principale della Società Podistica Lazio è quello di avere portato lo spirito olimpico a Roma, e in Italia, e noi purtroppo sappiamo che non parlandone mai in abbondanza, spesso sottacendoli, quegli stessi ideali che ci hanno visto nascere possono essere traditi da chi non ha capito bene la storia della società di cui si dichiara tifoso, o nella quale fa il giocatore a pagamento. Noi non potremmo mai essere i Rugantini vigliacchi e pavidi, pronti a schernire gli avversari dopo una loro sconfitta. Il laziale non sarà mai colui che aspetta mesi, anni, con la maglietta che irride, vigliaccamente coperta, per poterla esibire in un derby vincente che tarda da tanto tempo a venire, perche noi appunto siamo laziali e gli altri non li irridiamo, noi giochiamo a pallone e  gli avversari li affrontiamo sfidandoli a viso aperto, rispettandoli. Ma questo comportamenti antisportivi  comunque giustificabili se praticati dai foresti romei che vollero farsi romani, non lo saranno mai per chi si spaccia per laziale non essendolo. Resta, fatto non da poco, che la Polisportiva Lazio è la più grande polisportiva europea (e forse mondiale) con ben 44 discipline praticate. Sportivi che lottano e non tifosi che ululano il loro fallimento esistenziale.

 

     Si dice che abbiamo portato il calcio, anche il calcio, a Roma, ma questo da solo non ci caratterizza, non ci diversifica dagli altri, per il semplice fatto di averlo fatto prima, anzi ci può pericolosamente accomunare a quel modo di vivere che non amiamo. Tutte le squadre della parrocchietta, quelle nate richiamandosi al più bieco e ridicolo nazional provincialismo, hanno visto la luce in nome del calcio campanilistico. Per questo ritenerci i primi ad aver portato il calcio a Roma, può essere considerato quasi un delitto per un laziale, se si nascondono, si sottacciono, gli ideali che ci videro nascere, ben più importanti della disciplina di un singolo sport. Dire di aver portato il calcio a Roma e sottocere il resto sarebbe come descrivere la grandezza di Cesare, che grande sicuramente lo fu,  perché grande fu la sua corona di alloro. Argomenti da tifoso di una squadra di calcio della parrocchietta appunto, non da laziale, che sa tanto peperonista nazional popolare. Noi non siamo come gli altri e la nostra storia  non ci differenzia dagli altri perché siamo arrivati prima ma perché lo abbiamo fatto con un sogno grandioso in totale contrapposizione a coloro che sono arrivati dopo. Chiarisco meglio per combattere quella metodica, devastante, maniera di pensare che ci può fare tanto simili a coloro che combattiamo. Premiare qualcuno con un premio lazialità per aver giocato bene a calcio, e sul campo difeso i colori della nostra squadra, non fa di un giocatore pur bravo un laziale vero, altrimenti dovremmo pensare che se un tal Francesco avesse scelto i nostri colori, sarebbe stato un grande laziale, solo perché sapeva giocare bene a pallone. Io credo che il Francesco di cui sopra è, al contrario, un grande esponente di quel calcio nazional provinciale che sa irridere gli avversari sconfitti, li prende a sputi e a calci in testa dopo averli, con un calcio ben assestato gettati a terra. È per questo un grande interprete peperonista osannato dai suoi tifosi,  ma è proprio per questi motivi che non sarebbe mai potuto essere un laziale, anche se avesse fatto vincere alla nostra squadra degli scudetti. Ovviamente essere in una radio”laziale” e parlare, meglio sproloquiare di calcio e tecniche legate a quella disciplina a lungo andare ti può far assomigliare ai tuoi  nemici peperonisti. Comprendete l’assurdità e la pericolosità di certi sragionamenti radiofonici?

    Mi ripeto per chi ha problemi a comprendere. Aver portato il calcio a Roma può essere motivo di ulteriore vanto avendo però ben presente che la grandezza dello stupendo sogno laziale sta nell’aver  portato lo spirito olimpico a Roma. Noi non siamo grandi per essere nati 27 anni prima di altri ma per essere stati i primi in Italia ad aver dato vita al sogno olimpico, dello sport universale che affratella i popoli e fa cessare le guerre, e di averlo fatto, a maggior gloria di chi ci fece nascere, in un’epoca buia e piena di vuota, ma non per questa meno pericolosa, retorica nazionalista. C’è, come detto, qualcuno che, con la successiva  nascita della Società Sportiva Lazio, che di quella storia stupenda è comunque la continuazione a pieno titolo, queste cose se le è scordate, o ha voluto scordarle, sarà bene che se le rammenti, perchè si è laziali per un modo di essere,  per uno stato dell’anima, per una scelta di vita, o si è altro, magari lontani cugini, che con la storia dei nostri padri non c’entreranno mai nulla.

                                                                  Decimo

 

 

 



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